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Traduzioni di prova presentate: 4
Da Italiano a Francese: Article "Nelo Risi" du Dictionnaire du cinéma italien General field: Arte/Letteratura Detailed field: Cinema, Film, TV, Teatro
Testo originale - Italiano Nelo Risi (Milan, 1920)
Nasce a Milano nel 1920, è il fratello minore di Dino Risi, e come lui è laureato in medicina (anche se non ha mai esercitato la professione). Nel 1941 pubblica la sua prima plaquette di versi: la sua attività di poeta (e traduttore) in seguito si svolge parallela a quella di regista, dandogli forse maggiore fama. Tra i suoi estimatori ci sarà Eugenio Montale: e non a caso la poesia di Risi sarà spesso vicina al tono dimesso e ironico dell’ultimo Montale. Dopo essere tornato dall’internamento in Svizzera, Risi si avvicina al cinema nel 1945, quando conosce a Milano i documentaristi Richard Leacock e John Ferno, già operatori rispettivamente di Flaherty e Ivens. Li segue come assistente per cinque anni, dalla Germania al Medio Oriente. Nel 1949 esordisce col documentario Au dessus de la vallée/Ritorno nella valle, sul ritorno di alcune famiglie in un villaggio in Grecia dopo la guerra. Nei suoi documentari degli anni 50 spesso è evidente l’impegno civile e politico (Il delitto Matteotti, 1956). E all’insegna del documentario è anche il suo esordio, l’episodio di apertura (“Le ragazze madri”) nel film inchiesta collettivo Le italiane e l’amore (1962) organizzato da Cesare Zavattini Il suo esordio nel cinema narrativo è preparato dal mediometraggio televisivo La strada più lunga (1965), tratto da il romanzo Il voltagabbana di Davide Lajolo, dove Gian Maria Volonté è un giovane fascista in crisi che abbraccia la lotta partigiana. Cesare Zavattini e Fabio Carpi sono tra gli sceneggiatori del suo film d’esordio, Andremo in città (1966), tratto dal romanzo di Edith Bruck, sua compagna nella vita. La shoah viene letta da una prospettiva doppiamente laterale: la vicenda si svolge nella campagna serba (dove il genocidio colpisce anche gli zingari), e protagonisti sono una ragazza, Lenka (Geraldine Chaplin) e il suo fratellino cieco Miscia. L’intuizione poetica di Risi è raccontare la tragedia con toni quasi fiabeschi. All’inizio la resistenza contro i nazisti sembra quasi un gioco da ragazzi; a metà, il ritorno del padre dato per morto è un evento miracoloso; ma la trasfigurazione fantastica non viene meno anche nel finale tragico, dove Lenka cerca di illudere il fratellino, celandogli la realtà del vagone piombato in cui sono stati rinchiusi per finire in un campo di sterminio. Poetico è anche lo stile, con inquadrature spesso pittoriche e un uso suggestivo della musica bartokiana di Ivan Vandor. Al tempo stesso, l’analisi sociale e politica non è assente, e sono ben chiari i rapporti di classe e di privilegio che rendono i poveri vittime più indifese. All’epoca, questo modo di raccontare la Storia (forse vicino al primo Italo Calvino, o - per fare un riferimento cinematografico - a Il cielo è rosso di Claudio Gora [1950]) piace poco. Visto oggi, sembra anticipare Jonas che visse nella balena di Faenza (1993) e La vita è bella di Benigni (1998). Unanime è invece il plauso che accoglie il secondo film del regista, Diario di una schizofrenica (1968), un progetto che risaliva a undici anni prima. Risi adatta con Fabio Carpi Journal d’une schizofrénique di Marguerite Andrée Séchéhaye: e riesce a raccontare un caso clinico (una dottoressa risponde al bisogno di affetto di una giovane paziente, ricostruisce i suoi traumi e alla fine la riconsegna a una vita normale) con chiarezza didattica e delicatezza poetica, evitando il melodramma e il sentimentalismo. Particolarmente riuscito è il modo in cui Risi rende evidente il linguaggio simbolico dell’ìnconscio, usando i colori in modo antinaturalistico. Il successivo
Ondata di calore (1969) ad alcuni sembra un cedimento commerciale, ad altri la conferma di un regista capace di usare il linguaggio delle immagini per far parlare l’inconscio e l’indicibile. Jean Seberg, è una donna in crisi ad Agadir, che probabilmente ha rimosso l’omicidio del marito. I modelli di certo cinema europeo (Resnais, Antonioni, forse anche il Ferreri di Dillinger è morto) sono evidenti, e oggi si avverte l’ombra del manierismo nel difficile equilibrio tra il giallo erotico-esotico e l’oggettività quasi da documentario. I due film successivi hanno maggiori ambizioni produttive e affrontano la Storia: Una stagione all’inferno (1971) racconta la vita di Arthur Rimbaud (Terence Stamp) dalla prospettiva del suo soggiorno africano; La colonna infame (1973), dall’opera di Alessandro Manzoni, racconta i processi e le torture agli “untori” nella Milano del 1630, sconvolta dalla peste. Ma le intenzioni didattiche si scontrano con una messa in scena tradizionale e con concessioni spettacolari a volte ingenue. E se nel primo caso fallisce l’approfondimento su Rimbaud, ridotto a un contestatore ante litteram, nel secondo non funzionano gli eventuali paralleli col presente (non dimentichiamo che nel 1970 Risi partecipa al film-inchiesta Giuseppe Pinelli, sull’anarchico morto nel 1969 negli uffici della polizia di Milano dopo l’attentato di piazza Fontana). Gran parte delle intuizioni dei film migliori di Risi rimangono senza seguito; e, passato il momento di maggior ricchezza produttiva del cinema italiano, non trovano più sbocchi. Autore incompiuto, Risi torna a lavorare per la televisione, girando spesso inchieste e documentari; tra i film di finzione, va ricordato almeno Le città del mondo (1975), tratto dal libro incompiuto di Elio Vittorini.
Alberto Pezzotta
Traduzione - Francese Nelo Risi (Milan, 1920)
Né à Milan en 1920, il est le frère cadet de Dino Risi. Comme lui, il est diplômé en médecine bien qu’il n’ait jamais exercé la profession. En 1941, il publie sa première plaquette de vers : son activité de poète (et de traducteur) se poursuit en parallèle à celle de réalisateur, et lui offre sans doute une plus grande renommée. Eugenio Montale sera l’un de ses admirateurs et ce n’est pas un hasard si la poésie de Risi sera souvent proche du ton humble et ironique du même Montale.
En 1945, au retour de son internement en Suisse, Nelo Risi rejoint le cinéma lorsqu’il fait la connaissance, à Milan, des documentaristes Richard Leacock et John Ferno qui étaient déjà opérateurs de Flaherty pour le premier et d’Ivens pour le second. Il les suit en tant qu’assistant pendant cinq ans, de l’Allemagne jusqu’au Moyen-Orient. En 1949, il débute avec le documentaire Au dessus de la vallée qui évoque le retour, après la guerre, de plusieurs familles dans un village en Grèce. Dans ses documentaires des années cinquante, son engagement civil et politique est souvent clair (L’Affaire Matteotti, 1956). Ses débuts sont placés sous le signe du documentaire comme en témoigne l’épisode d’ouverture (« Le ragazze madri »i) dans le filmii collectif Les femmes accusent (1962) orchestré par Cesare Zavattini.
Ses débuts dans le cinéma narratif sont amorcés par le moyen-métrage télévisuel, La strada più lunga (1965) – tiré du roman Il voltagabbana de Davide Lajolo – dans lequel Gian Maria Volonté joue un jeune fasciste en crise qui embrasse la lutte partisane. Cesare Zavattini et Fabio Carpi figurent parmi les scénaristes de son premier film, Le dernier train (1966), tiré du roman d’Edith Bruck, sa compagne dans la vie. L’épisode de la Shoah est lu à travers une perspective doublement latérale : l’histoire se déroule dans la campagne serbe (là où le génocide touche aussi les gitans), et les personnages principaux sont une jeune fille, Lenka (Geraldine Chaplin), et son jeune frère aveugle, Miscia. L’intuition poétique de Risi est celle de raconter la tragédie sous un ton proche de celui des contes de fées. Au début du film, la résistance contre les nazis ressemble presque à un jeu d’enfants. A la moitié, le retour du père donné pour mort est digne d’un miracle. La transfiguration fantastique n’en est pas moins présente dans le final tragique, lorsque Lenka essaie de tromper son frère en lui cachant la vérité sur le wagon plombé dans lequel ils ont été enfermés pour finir dans un camp d’extermination.
Le style est aussi poétique, avec des plans souvent picturaux et un usage suggestif de la musique de Bartok jouée par Ivan Vandor. L’analyse sociale et politique ne manque pas pour autant et les rapports de classe et de privilège qui font des pauvres, des victimes sans défense, sont bien clairs. A l’époque, cette façon de raconter l’Histoire à la manière d’Italo Calvino à ses débuts, ou pour rester dans le domaine du cinéma, du Ciel est rouge de Claudio Gora (1950) ne plaît guère. En le visionnant aujourd’hui, le film semble anticiper Années d’enfance de Roberto Faenza (1993) et La vie est belle de Roberto Benigni (1998).
Son second film emporte, au contraire, une adhésion unanime : Diario di una schizofrenica (1968), un projet né onze ans plus tôt. Avec Fabio Carpi, Risi adapte Journal d’une schizophrénique de Marguerite Andrée Séchéhaye et parvient à raconter un cas clinique (une doctoresse répond au besoin d’affection d’une jeune patiente, reconstruit ses traumatismes et la ramène, à la fin, à une vie normale) avec une clarté didactique et une délicatesse poétique, en évitant le mélodrame et le sentimentalisme. La façon dont Risi rend le langage symbolique de l’inconscient si évident est particulièrement réussie grâce à l’utilisation antinaturaliste des couleurs. Le film suivant, Ondata di Calore (1969) apparaît aux yeux de certains comme une concession commerciale ; pour d’autres, comme la confirmation d’un réalisateur capable
d’utiliser le langage des images pour faire parler l’inconscient et l’indicible. Jean Seberg joue une femme en crise, à Agadir, qui a probablement refoulé le meurtre de son mari. Les modèles d’un certain cinéma européen (Resnais, Antonioni, peut-être même Marco Ferreri de Dillinger est mort) sont évidents. On perçoit aujourd’hui l’ombre du maniérisme dans l’équilibre difficile entre le policier érotico-exotique et l’objectivité presque documentaire.
Les deux films suivants ont de plus grandes ambitions productives et affrontent l’Histoire : Une saison en enfer (1971) raconte la vie d’Arthur Rimbaud (Terence Tamp) à partir de son séjour en Afrique. La colonna infame (1973), tiré de l’oeuvre d’Alessandro Manzoni, raconte les procès et les tortures infligés aux « graisseurs » dans le Milan de 1630, ravagé par la peste. Mais les intentions didactiques se heurtent à la mise en scène traditionnelle et aux concessions spectaculaires parfois naïves. Si dans le premier cas, l’analyse de Rimbaud, réduit à un contestataire de la première heure, échoue. Dans le deuxième, les éventuels parallèles avec le présent ne fonctionnent pas (n’oublions pas qu’en 1970, Risi participe au documentaire Giuseppe Pinelli, sur l’anarchiste mort en 1969 dans les bureaux de la police de Milan après l’attentat de la piazza Fontana).
Une grande partie des intuitions des meilleurs films de Risi restent sans suite. Passé le moment de plus grande richesse productive du cinéma italien, elles ne trouvent pas d’ouvertures. Auteur inachevé, Risi retourne travailler pour la télévision, en tournant le plus souvent des enquêtes et des documentaires. Parmi ses films de fiction, on se souviendra tout de même de Le città del mondo (1975), tiré du livre inachevé d’Elio Vittorini.
Alberto Pezzotta
Da Italiano a Francese: "Il lato buffo dell’esistente" Ettore Scola General field: Arte/Letteratura Detailed field: Fotografia/Immagini (e Arti grafiche)
Testo originale - Italiano Un disegno di solito è un progetto, organizzato prima mentalmente poi graficamente, quasi sempre ispirato da intenzioni illustrative, ornamentali, celebrative e caricaturali, eseguite per studio, per committenza e per omaggio.
I miei disegni invece – se si escludono le vignette del mio giovanile apprendistato nel settimanale “Marc’Aurelio” e qualche schizzo buttato giù durante la preparazione di un film per chiarire a me stesso e ai miei collaboratori lo spunto iniziale di un carattere, di una scena o di un costume – sono scarabocchi personali, destinati più al cestino che al cassetto.
Sono ghirigori mentali, giochi di parole visivi, segni tracciati per distrazione riflettendo ad altro o a niente.
Li faccio da sempre, su fogli, tovaglioli, margini di giornali (quasi mai su album da disegno), a lapis, a penna a inchiostro di china (mai con l’odiata biro). Non essendo io particolarmente dotato ne’ per il ritratto ne per il paesaggio, i miei “soggetti” sono figurine anonime, passanti e astanti irreali che trovano la loro possibile realtà nel riferimento a similitudini, tic e comportamenti di ordinaria quotidianità.
Sono personcine dall’esistenza abbreviata in una sola dimensione, senza chiaroscuri, perplesse nella fissità di un cenno o di uno sguardo: come quando un improvviso pensiero ci blocca per un istante in un gesto a mezz’aria. Ometti di periferia, donnine di case modeste, nudi o vestiti ma sempre alla ricerca di un contegno che sperano di trovare magari mettendo una mano in tasca e avendo un bicchiere nell’altra. Accostati per contrasto, figli giganti e padri nani, mariti minimi e mogli debordanti tentano di farsi notare con una occhiatina allusiva, un passo elegante, un atteggiamento allegro che ci faccia dimenticare la loro mostruosità.
Umanità piccola e malinconica che, se proprio le si vuole trovare uno scopo, è lì per affermare il lato buffo dell’esistente. Che poi è quello che ci aiuta a trovare il coraggio di vivere.
Ettore Scola
Traduzione - Francese "Le côté drôle de l’existant"
D’ordinaire, un dessin est un projet, organisé d’abord mentalement puis graphiquement, inspiré presque toujours par un désir d’illustrer, orner, célébrer et caricaturer, exécuté pour l’exercice, la commande ou rendre hommage.
Mes dessins, par contre – si l’on exclue les illustrations de mon apprentissage juvénile dans l’hebdomadaire « Marc’Aurelio » et quelques esquisses dessinées lors de la préparation d’un film pour éclaircir à mes collaborateurs et moi-même l’inspiration première d’un caractère, d’une scène ou d’un costume – ce sont des griffonnages personnels, destinés plus à la corbeille qu’au tiroir.
Ce sont des gribouillis mentaux, des jeux de mots visibles, des signes tracés par distraction qui reflètent autre chose ou rien.
Je les fais depuis toujours, sur des feuilles, des serviettes en papier, des marges de feuilles de journaux (presque jamais sur des albums à dessin), au crayon, à la plume trempée dans l’encre de Chine (jamais avec l’odieux stylo à bille). N’étant pas particulièrement doué pour le portrait ni pour le paysage, mes « sujets » sont des figurines anonymes, des passants et des personnes irréelles qui trouvent leur réalité possible à travers la référence à des analogies, tics et comportements d’ordinaire quotidienneté.
Ce sont des personnes à l’existence abrégée en une seule dimension, sans clairs-obscurs, perplexes dans la fixité d’un signe ou d’un regard : comme lorsqu’une pensée soudaine nous bloque, l’espace d’un instant, en un geste laissé en suspens. Des bonshommes de banlieue, des petites bonnes femmes de maisons modestes, nus ou habillés mais toujours à la recherche d’une allure qu’ils espèrent trouver en mettant, pourquoi pas, une main dans la poche et en tenant un verre dans l’autre. Rapprochés par contraste, enfants géants et parents nains, maris minuscules et femmes débordantes essayent de se faire remarquer par un regard allusif, un pas élégant, une attitude joyeuse pour nous faire oublier leur monstruosité.
Humanité petite et mélancolique qui, si l’on veut réellement lui trouver un but, est là pour affirmer le côté drôle de l’existant. Qui, d’ailleurs, est celui qui nous aide à trouver le courage de vivre.
Ettore Scola
Da Francese a Italiano: Préface Villa Médicis - Frédéric Mitterrand General field: Arte/Letteratura Detailed field: Architettura
Testo originale - Francese La Villa Médicis, siège de l’Académie de France à Rome est restée longtemps fermée au regard des visiteurs dans la ville éternelle. Hormis les pensionnaires qui avaient vocation d’y travailler pour parfaire leur formation d’artistes et d’historiens d’art ainsi que le personnel essentiellement italien qui en assurait la maintenance et le fonctionnement, à l’abri de ses hauts murs et d’un parc de près de huit hectares, rares étaient les privilégiés qui pouvaient pénétrer dans un domaine situé au coeur de la cité. Une aura de mystère, de poésie secrète et de légendes plus ou moins avérées enveloppaient ainsi sa majestueuse apparence. La mise en oeuvre de grandes expositions patrimoniales, le rayonnement du long directorat de Balthus qui restaura le palais dans sa splendeur et l’action remarquable de ses successeurs ayant encore accru la légitime curiosité publique, le temps est venu de faire mieux connaître un ensemble admirable pour apprécier à sa juste valeur l’héritage artistique qu’il représente et son apport éminent aux relations culturelles unissant la France et l’Italie
Chacun est fier de l’existence de la Villa Médicis et de la manière dont elle a su se maintenir au fil des âges, mais on ignore malheureusement trop souvent le role exact qu’elle joue dans le panorama de la création contemporaine et qu’elle est l’utilité profonde des missions qu’elle accomplit constamment. Ouvrir la Villa Médicis et la révéler sous ses multiples aspects est une tâche difficile tant elle est riche de mémoire, où s’entrelacent les souvenirs de tous ceux qui y ont séjourné, mais c’est une mission nécessaire pour faire partager le message culturel qu’elle n’a jamais cessé d’incarner et pour assurer la permanence de son éclat dans l’avenir.
Visiteurs de la Villa Médicis ou lecteurs de ce modeste ouvrage, soyez certains que notre intérêt pour le siège de l’Académie de France à Rome fait honneur à tous ceux qui ont protégé son existence et qui veillent maintenant sur elle en y travaillant avec ardeur.
ROWLEY Neville (2009), Villa Aperta, Verona, Mondadori Electa
Traduzione - Italiano Sede dell'Accademia di Francia a Roma, Villa Medici è rimasta a lungo fuori dai circuiti frequentati dai visitatori della Città Eterna. Tranne i borsisti – destinati a lavorarci per affinare la loro formazione di artisti e storici dell'arte – e il personale, principalmente italiano, che ne garantiva la manutenzione e il funzionamento, erano pochi i privilegiati a poter entrare in una proprietà situata nel cuore della città, protetta dalle sue alte mura e da un parco di quasi otto ettari. La sua apparenza maestosa veniva così avvolta da un'aura di mistero, di poesia segreta e di leggende più o meno accertate. La realizzazione di grandi mostre patrimoniali, l’influenza della lunga direzione di Balthus, che restituì al palazzo il suo splendore originale, e perfino l'azione incisiva dei suoi successori, avevano alimentato nel corso degli anni la legittima curiosità del pubblico. Era diventato necessario far conoscere meglio questo splendido edificio per valorizzare come conviene l'eredità artistica che rappresenta, e la sua importante influenza sulle relazioni culturali che uniscono la Francia e l'Italia.
Sono tutti orgogliosi dell'esistenza di Villa Medici e del modo in cui è riuscita a rinnovarsi nell'arco del tempo, ma purtroppo rimane ancor oggi poco chiaro il ruolo esatto che svolge nel panorama della creazione contemporanea e la profonda utilità delle missioni che compie continuamente. Aprire Villa Medici e rivelarla sotto i suoi molteplici aspetti è un compito difficile, tanto è ricca di una memoria in cui si intrecciano i ricordi di tutti coloro che vi hanno soggiornato, ma è una missione necessaria al fine di condividerne il messaggio culturale che non ha mai smesso di incarnare e di assicurare la continuità del suo splendore nel futuro.
Visitatori di Villa Medici o lettori di questa modesta opera, state certi che il nostro interesse per la sede dell'Accademia di Francia a Roma fa onore a tutti coloro che hanno protetto la sua esistenza e che vegliano adesso su di lei lavorandoci con ardore.
ROWLEY Neville (2009), Villa Aperta, Verona, Mondadori Electa
Da Portoghese a Francese: DOS TEMPLÁRIOS À NOVA DEMANDA DO GRAAL - Paulo Alexandre Loução General field: Arte/Letteratura Detailed field: Storia
Testo originale - Portoghese No seguimento da obra Os Templários na Formação de Portugal, Paulo Loução aprofunda, no presente trabalho, o estudo do novo ciclo histórico lusitano iniciado sob a égide de D. Dinis, o rei-trovador, e da rainha Santa Isabel, os soberanos que lançaram as bases políticas, culturais e espirituais que permitiriam, um século mais tarde, a emergência dos Descobrimentos Portugueses como uma nova demanda do Graal, para a qual contribuiu indubitavelmente a Ordem de Cristo, concebida por D. Dinis como continuadora da obra da Ordem dos Templários que, na época, fora extinta em toda a Europa. O autor divulga igualmente a existência de um conjunto de correntes espirituais e esotéricas europeias que exerceram profunda influência em Portugal desde o reinado de D. Dinis até ao período manuelino. Dante e o seu misterioso 515, a ligação esotérica entre o Graal e o Preste João, o Culto do Espírito Santo, a confraria iniciática dos «Fiéis do Amor» e os conhecimentos secretos de Raimundo Lulo são alguns dos temas abordados neste livro. Com fortes ligações a essa Europa heterodoxa, certas elites portuguesas, detentoras de conhecimentos secretos, modelaram a faceta esotérica e científica do Projecto dos Descobrimentos Portugueses. O mistério templário continuava vivo em Portugal.
Traduzione - Francese DES TEMPLIERS À LA NOUVELLE QUÊTE DU GRAAL
Suite au livre Les Templiers dans la formation du Portugal, Paulo Loução approfondie dans le présent ouvrage l’étude sur le nouveau cycle historique portugais, débuté sous l’égide de Denis Ier de Portugal, le Roi Troubadour, et de la reine Isabelle d'Aragon. Ces souverains lancèrent les bases politiques, culturelles et spirituelles qui permirent, un siècle plus tard, d’entreprendre les découvertes portugaises telle une nouvelle Quête du Graal, à laquelle contribua indéniablement l’Ordre du Christ, conçu par Denis Ier de Portugal comme le successeur de l’oeuvre de l’Ordre du Temple, disparu à l’époque dans toute l’Europe.
L’auteur divulgue également l’existence d’un ensemble de courants spirituels et ésotériques européens qui exercèrent une profonde influence au Portugal depuis le règne de Denis Ier jusqu’à celui de Manuel Ier. Dante et son mystérieux 515, le lien ésotérique entre le Graal et le prêtre Jean, le Culte du Saint-Esprit, la confrérie initiatique des « Fidèles d’Amour » et les connaissances secrètes de Raimundo Lulo sont quelques uns des thèmes abordés dans ce livre.
Fortement liées à cette Europe hétérodoxe, certaines élites portugaises, détentrices de connaissances secrètes, modelèrent l’aspect ésotérique et scientifique du Projet des Découvertes Portugaises.
Le mystère des Templiers perdurait au Portugal.
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Titoli di studio per la traduzione
Master's degree - Université Paris-Sorbonne
Esperienza
Anni di esperienza: 15 Registrato in ProZ.com: Jul 2012.
As a graduate with honours from Paris-Sorbonne University in Translation and performing arts, I have undertaken several internships in the area of Literature, Cinema and Theater.
My previous academic and professional experiences in Italy, Portugal and Brazil allowed me to strengthen my skills and cultural knowledge, which are essential for all conscientious translators.
I’m an accurate and reliable freelance translator who work quickly and always respect strict deadline.
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